sabato 19 novembre 2011

Eternit

Eternit è un marchio registrato di fibrocemento e il nome di una ditta che lo produce. Utilizzato in edilizia come materiale da copertura nella forma in lastra piana o ondulata, oppure come coibentazione di tubature. La commercializzazione in Italia di tale prodotto o comunque della variante cemento-amianto, è cessata tra il 1992 e il 1994.

Storia
Nel 1901 l'austriaco Ludwig Hatschek brevetta il cemento-amianto e lo battezza Eternit (dal latino aeternitas, eternità). Un anno dopo Alois Steinmann acquista la licenza per la produzione e apre nel 1903 a Niederurnen le Schweizerische Eternitwerke AG.
In breve l'Eternit diventa popolarissimo e nel 1911 la produzione di lastre e tegole sfrutta appieno la capacità produttiva della fabbrica.
Nel 1915 vengono messe in commercio le famose fioriere in Eternit. Nel 1928 inizia la produzione di tubi in fibrocemento, che fino agli anni settanta rappresenteranno lo standard nella costruzione di acquedotti. Nel 1933 fanno la loro comparsa le lastre ondulate, in seguito usate spesso per tetti e capannoni.
Negli anni '40 e cinquanta l'eternit trova impiego in parecchi oggetti di uso quotidiano. Il più famoso è probabilmente la sedia da spiaggia diWilly Guhl.
Dal 1963 l'Eternit può essere prodotto in varie colorazioni.
A partire dal 1984 le fibre di amianto vengono via via sostituite da altre fibre non cancerogene fin quando, nel 1994 l'ultimo tubo contenente asbesto lascia la fabbrica.
Benché sin dal 1962 fosse noto in tutto il mondo che le fibre di amianto provocano una forma di cancro, il mesotelioma pleurico (oltre che alla classica asbestosi), a Casale Monferrato (Alessandria), Cavagnolo (Torino), Broni (Pavia) e Bari Eternit e Fibronit continuarono a produrre manufatti sino al 1986 (1985 per Bari e 1992 per Broni), tentando di mantenere i propri operai in uno stato di totale ignoranza circa i danni (soprattutto a lungo termine) che le fibre di amianto provocano, al fine di prolungare l'attività dello stabilimento e quindi dei profitti. In particolare a Casale Monferrato i morti e i contaminati da amianto saranno migliaia, anche perché lo stabilimento disperdeva con dei potenti aeratori la polvere di amianto in tutta la città, causando la contaminazione anche di persone non legate alle attività produttive dell'eternit.
Fino al 1994, ricorda il presidente di Assoamianto Sergio Clarelli, la situazione era paradossale, perché la legge 257/1992 riconosceva i rischi per la salute e «metteva al bando tutti i prodotti contenenti amianto, vietando l’estrazione, l’importazione, la commercializzazione e la produzione di amianto e di prodotti contenenti amianto, ma non la loro utilizzazione», a parte eccezioni.
Oggi l'azienda è fallita presso il Tribunale di Genova ed il Comune di Casale Monferrato sta spendendo milioni di euro per la bonifica del sito. Nella zona di Casale Monferrato e nell'intera Provincia di Alessandria si contano più di 1600 morti per esposizione ad amianto, morti avvenute perlopiù in silenzio; i responsabili sino ad oggi non sono stati praticamente perseguiti, il processo istituito da Raffaele Guariniello (destinato a far storia prima ancora che giurisprudenza) iniziato contro i due imputati indiziati il 6 aprile 2009 a Torino, prosegue molto a rilento e molte cause rischiano di andare in prescrizione.

Presente
Si sta attualmente (2009) svolgendo un processo contro uno dei due fratelli Schmidheiny (ex presidenti del consiglio di amministrazione dell'Eternit AG) ed il belga de Cartier presso il Tribunale di Torino. Sono ritenuti responsabili delle numerose morti per mesotelioma avvenute tra gli ex-dipendenti delle fabbriche Eternit a contatto con l'asbesto. Ogni due anni viene assegnato ad uno studente delle quattro scuole di architettura svizzere il premio Eternit, dotato di 30.000 CHF.
Innanzitutto si deve determinare la presenza di amianto nella lastra di fibrocemento, questo si può accertare risalendo alla data d’acquisto del manufatto, oppure semplicemente facendo analizzare un campione, possibilmente una lastra intera, poiché uno o più frammenti, se poi confermati contenere amianto, sono nella condizione ideale per nuocere gravemente alla salute. Il costo di un'analisi presso laboratorio privato non supera i 200,00 Euro.
  • Incapsulamento, è un metodo di bonifica "transitorio" che prevede il trattamento della superficie delle lastre esposta agli agenti atmosferici con sostanze sintetiche, idonee ad inglobare e consolidare le fibre di amianto al manufatto cementizio ed impedirne il rilascio nell’ambiente.
  • Rimozione e smaltimento, è un metodo di bonifica "radicale" che prevede diverse procedure speciali atte a garantire la sicurezza: degli operatori addetti alle varie operazioni di rimozione, trasporto e smaltimento; delle persone e degli animali che si trovano in prossimità del cantiere e dei mezzi usati nel trasporto e infine in generale dell'ambiente dove si opera.
La normative Italiana di riferimento per questi tipi di bonifiche è il D.Lgs. 257/1992 e per la normativa sulla sicurezza il D.Lgs. 81/2008.

venerdì 22 luglio 2011

giovedì 21 luglio 2011

Tetti verdi nel mondo:10 straordinari esempi di green roof dall'Italia al Giappone


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Orti urbaniprati all'inglese, vere e proprie foreste cittadine. Sono le mille declinazioni del futuro dell'architettura dei Green Roofs, i tetti verdi di città. Più complessi di quelli alla vecchia maniera, queste innovative coperture naturali sono un ottimo isolante termico, un filtro agli inquinanti, assorbono i rumori cittadini e, nel caso degli orti, sono una miniera di verdura e frutta da coltivare.
L'eco-design sta facendo molto per arricchire questo tipo di architettura, tra progetti ancora da realizzare ed esempi già applicati alla realtà, da Singapore a Torino vi presentiamo 10 tetti molto verdi.





1. Art and Exhibition Hall - Bonn

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In Germania, potete ammirare la magnifica copertura verde dell'Art and Exhibition Hall. Nato nel 1992, l'imponente edificio voleva dare identità internazionale a mostre, concerti e rappresentazioni teatrali. Nei primi 10 anni, oltre 100 mostre sono state organizzate qui e, tra queste, una rimane permanente, la copertura verde dell'edificio visitabile dal pubblico.
2. ACROS Fukuoka - Giappone
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A Fukuoka, l'edificio che potete vedere in questa immagine ha due profili molto diversi fra loro. Uno convenzionale, che richiama le fattezze di un normale stabile per uffici con pareti finestrate. L'altro, invece, è un incredibile tetto terrazzato che, a prima vista, sembrerebbe la continuazione di un parco. La struttura a terrazze raggiunge un'altezza di circa 60 metri e contiene qualcosa come 35.000 piante di 76 specie diverse.
3. Sede del parlamento australiano - Canberra
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Forse il primo e più riuscito tetto verde della storia. La copertura del Parlamento aCanberra fu realizzata nel 1988. La decisione, all'epoca, era orientata non tanto da un amore incondizionato per l'ambiente quanto per l'impatto visivo. Le autorità volevano mantenere inalterato il profilo della collina sulla quale si erige il Parlamento.
4. Accademia delle scienze - California
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Il tetto è coperto da verdi colline dove gli studenti possono comodamente leggere e rilassarsi dopo le lezioni. Autore di quest'opera straordinaria, è Renzo Piano, architetto italiano di fama mondiale che, qui, ha concepito una struttura da 50 mila metri quadri.
5. Casa galleggiante - Germania
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Una casa galleggiante con il tetto verde! È il progetto di Bernhard Urich, Flo Floriane e Sascha Akkerman che, per rispondere alla crescente esigenza di case in un contesto dove queste scarseggiano sempre più, hanno deciso di progettare questo splendido esempio di abitazione recuperata e salva energia. Il tetto verde è un perfetto isolante che aiuta la casa a regolare l'umidità.
6. Remota Hotel - Patagonia
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Una magnifica struttura che si affaccia sul mare interamente coperta dal verde. Questo hotel si trova in Patagonia ed è stato concepito per avvicinare i suoi ospiti alla contemplazione. Un luogo dove la natura resta incontrastata, perfetto esempio di integrazione uomo-ambiente.
7. Scuola d'arte, design e media - Singapore
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Un tetto simbolo della creatività, non poteva che sovrastare un'accademia del design. ASingapore, la scuola d'arte non è un semplice edificio da vivere all'interno ma, grazie a questo straordinario doppio scivolo verde, è fonte di ispirazione anche se saliamo alla sommità.
8. Hundertwasser - Vienna
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Pittore, scultore e architetto il Signor Hundertwasser, di origine austriaca, ci ha lasciato in eredità questo straordinario quartiere artistico dalle linee sinuose, i colori carnevaleschi e la maestosità delle piante che sovrastano i tetti.
9. 900 North Michigan Avenue – Chicago
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Natura, tranquillità e relax al decimo piano di un palazzo in centro a Chicago. Da questa immagine non si direbbe mai, ma è proprio così, grazie al progetto dell'architetto Hoerr Shaudt.
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10. OurSecretGarden - Italia
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Con un magnifico orto sul tetto a San Salviano, Torino, lo Studio999 si è aggiudicato il premio Innovazione Amica dell'Ambiente 2010 nella categoria Abitare Sostenibile. 40 metri quadri di orto realizzati sul tetto dello stabile di via Goito 14, sede dello studio del gruppo di architetti premiati da Legambiente.
Cime di rapa, spinaci, finocchi, quattro, cinque tipologie di insalate diverse e pomodorini. È il primo orto biologico urbano nato nel quartiere più multietnico di Torino, e più precisamente sul tetto. Isolamento termico e tanti buoni ortaggi da coltivare e mangiare insieme.

martedì 12 luglio 2011

Giardini verticali e tetti verdi: soluzioni ai problemi di inquinamento nelle grandi città

Dal 2005, il 50% della popolazione mondiale vive nelle città e nei paesi industrializzati mondo, la cifra ha già superato l'80%. La crescita della popolazione urbana contribuirà a creare una serie di problemi ambientali, sia all'interno delle città e nelle aree circostanti, a causa della grande domanda di cibo, energia e acqua.
Molti di questi problemi sono causati sia direttamente, o aggravati dalla rimozione della vegetazione a dall'espansione urbana. Si prevede che molti di questi problemi saranno ulteriormente impattanti nelle zone più colpite dai cambiamenti climatici, in particolare che subiscono ondate di calore, sbalzi di temperatura, deflusso delle acque piovane, qualità dell'acqua, biodiversità e la sicurezza alimentare.
I tetti verdi offrono una serie di benefici ambientali, sia per il settore pubblico e privato. Ma quali sono i vantaggi dei tetti verdi e dei giardini verticali nelle grandi città?
- Impatto estetico
- Riduzione dell'effetto “isola di calore” tipica delle città. L’aria calda che si libra sopra le città a causa dei materiali riflettenti e la mancanza della vegetazione è noto come effetto 'Urban Heat Island'. L’aggregazione di tutto il calore assorbito e generato dagli edifici, strade, veicoli, ecc. può portare nelle città addirittura da 7 a 10 gradi di calore in più rispetto alle aree suburbane e rurali limitrofe.
- Riduzione di anidride carbonica ed effetto serra. Con processo di fotosintesi, le piante 
trasformano l'anidride carbonica, acqua e luce solare / energia in ossigeno e glucosio. Questo ciclo fornisce animali ed esseri umani di ossigeno e cibo.
- Riduzione dell'inquinamento atmosferico. Un metro quadrato di tetto verde può rimuovere fino a  0,2 kg di particelle sospese dal cielo ogni anno.
- Riduzione dei carichi di riscaldamento e raffreddamento
Allungare la vita del tetto da due a tre volte. Infatti, può durare il doppio del tempo rispetto a un tetto standard con l’impermeabilizzazione, fino a 40 anni. Aumenta la durata delle superfici perché è meglio protetta da eventuali danni meccanici, raggi UV, grandine e sbalzi di temperatura.
- Riduzione della riflessione del suono e della trasmissione. I test hanno dimostrato che il tetto verde può ridurre il suono interno di ben 40 decibel, molto importante per gli edifici che si trovano in zone molto rumorose, come quelle nei pressi di aeroporti o industrie.
Guarda il nostro video, ma per vedere un esempio spettacolare di giardino verticale, non perdere il numero di Aprile di Case & Stili, in edicola dal 6 aprile.

lunedì 13 giugno 2011

Vivere sotto il tetto

...da vecchio e polveroso solaio
a splendida e luminosa mansarda...”
A partire dalla seconda metà degli anni Novanta, il tema dell’abitazione nel sottotetto è affrontato dalla normativa di diverse regioni italiane (la Lombardia nel ‘96, poi Basilicata, Emilia-Romagna e Piemonte nel ’98, nel ’99 il Veneto ed altre ancora in seguito). Nel nostro Paese in verità, l’abitazione nel sottotetto è stata nel passato considerata, più che come una vera e propria casa, come qualcosa di improprio, una sorta di ripiego, riservato alla servitù negli edifici signorili o da affittare a prezzi modici a studenti, intellettuali o forestieri. Ciò anche perché la nostra tradizione costruttiva, come tutte quelle dei paesi mediterranei, non prevede forti pendenze delle falde dei tetti e dunque lo spazio sottotetto risulta piuttosto compresso. Ben maggiore è la proporzione del tetto rispetto all’intero corpo dell’edificio dove l’abbondanza delle precipitazioni nevose impone pendenze maggiori. Non a caso nel Nord Europa esistono esempi di abitazioni che sono tutte copertura o quasi, oppure edifici pluripiano in cui tre o più livelli sono realizzati sotto le falde inclinate.
Si sviluppa insomma tutta una tipologia di coperture deputate all’uso abitativo.
Di recente, la difficoltà di reperire nelle città nuove aree edificabili, ha evidentemente suggerito anche da noi di riconsiderare l’abitazione nel sottotetto (anche perché sotto c’è già un edificio dotato dei necessari impianti di rete!).
Le norme regionali cui prima si è accennato, si sviluppano a partire dalla considerazione che il fenomeno è venuto assumendo nuove dimensioni. Pertanto, l’obiettivo è quello di regolamentarne gli aspetti urbanistici ed igienici (il tetto è la parte dell’edificio più esposto alle intemperie) e di regimentare la produzione spontanea, che spesso ha avuto tutti i caratteri dell’abusivismo edilizio. Purtroppo, però, non paiono adeguatamente considerati dalla legislazione gli aspetti più squisitamente architettonici. Se si ammette che il sottotetto venga abitato, se si è preso atto che il mercato edilizio si orienta fortemente verso la nuova realizzazione di abitazioni, allora è chiaro che il fenomeno dovrà produrre un esito piuttosto rilevante. Pertanto si dovranno elaborare soluzioni architettoniche in grado di mediare i caratteri del patrimonio esistente con le nuove esigenze. Certamente una soluzione al problema non può essere di tipo solo legislativo (perché attiene in realtà alla cultura del costruire), tuttavia è da registrare che le norme fin qui elaborate dalle Regioni hanno calcato l’accento sulla necessità della conservazione dei caratteri dell’esistente, probabilmente lasciando poco margine per l’elaborazione di modelli innovativi. Per entrare nel merito, vale la pena di approfondire il caso della Lombardia, non solo perché la sua legge e le realizzazioni che ne sono derivate sono emblematiche delle nuove possibilità e dei problemi posti, ma anche perché la rilevanza quantitativa del suo patrimonio
edilizio e della sua popolazione, nonché il tempo trascorso dall’entrata in vigore della legge, ne fanno un caso sicuramente assai rilevante. La L R Lombardia n. 15/'96, nel promuovere la realizzazione di abitazioni nei sottotetti esistenti, concede a tal fine ampie deroghe rispetto alle restanti normative edilizie regionali e locali, con l’esplicito fine di contenere l’utilizzo di suolo. A seconda dei casi, può essere possibile recuperare ad abitazione un sottotetto in zona destinata ad attività produttive, anche qualora il Piano Regolatore vieti le residenze in zona industriale. Ancora, è possibile realizzare nei sottotetti nuovi volumi abitativi anche nei casi in cui l'area interessata sia già satura, cioè quando tutta la volumetria edificabile ammessa sia esaurita perché già realizzata. Diverse sono state, dal '96 ad
oggi, le critiche mosse alla legge per alcune originarie poco chiare formulazioni, per la rilevante liberalizzazione introdotta, per la sottrazione degli interventi edilizi al controllo delle Pubbliche Amministrazioni (fatto dovuto, anche indipendentemente dalla legge sui sottotetti, alla graduale restrizione dei casi in cui occorre un atto di assenso esplicito del Comune).
Nella prima formulazione della legge, non era consentito modificare altezza della linea di gronda, del colmo del tetto e la sua pendenza. Per contro, era fin da allora possibile realizzare abbaini e cappuccine anche
aumentando il volume effettivo esistente, oppure aperture nei piani di copertura, per formare terrazzi e lucernari che potessero areare e illuminare gli ambienti. Visto che la maggior parte dei sottotetti esistenti non possiede l’altezza minima prescritta, i progettisti sono stati inizialmente obbligati ad ottenere i minimi prescritti nell’unico modo consentito: realizzando un numero spesso esagerato di abbaini, così riducendo esageratamente le superfici a piano inclinato delle falde. Sono quindi comparsi tetti inusuali, fatti di abbaini, cappuccine e lucernari o squarci per realizzare improbabili terrazzini. Successivamente è stata introdotta la possibilità di modifica dell'inclinazione delle falde di copertura e conseguentemente si sono visti tetti con pendenze estranee alle tradizioni costruttive, impermeabilizzati magari con sistemi moderni e poi rivestiti di coppi tradizionali per “mimetizzarsi” con il paesaggio circostante. La trasformazioni abitative dei sottotetti (e gli abbaini che danno luce e aria a spazi precedentemente chiusi) pongono un problema di decoro urbano. Di questo tema si è trattato a Milano in un recente incontro promosso dalla Fondazione dell’Ordine degli Architetti provinciale, intitolato “Sottotetti – Una città coi capelli ritti”: ne hanno discusso rappresentanti delle istituzioni locali, progettisti di fama, docenti universitari. In quella sede è stato posto l’accento sulla tutela del patrimonio esistente, anche in riferimento alla procedura di valutazione paesistica dei progetti edilizi prevista dalla Regione e applicata in prima battuta, dal Comune, proprio al recupero dei sottotetti, con effetto di filtro nei confronti dei progetti di maggiore impatto. È forse ancora presto per valutarne appieno gli effetti, ma è certo che il tema è di scottante attualità, vuoi per il numero degli interventi di trasformazione, vuoi per alcune posizioni assunte da associazioni e cittadini a difesa dell’esistente. Oltre alle dichiarazioni sul rispetto delle regole compositive, sono emersi anche spunti innovativi. La legge ammette il recupero dei sottotetti e il mercato lo richiede fortemente: il problema va posto allora nei termini della buona progettazione e non eluso tentando di bocciare un gran numero di progetti con motivazioni generiche. L’arch. G. Bianchi Janetti, direttore dello Sportello Unico dell'Edilizia milanese,
ha auspicato l’eventualità che una modifica della legge possa concedere maggiore attenzione al disegno del tetto, imponendo che i nuovi locali non superino l’altezza di 1,5 metri in prossimità della gronda e che sia mantenuta l'inclinazione originaria del tetto, anche ove ciò comportasse il superamento del limite attuale di altezza interna (2,4 metri). Ciò consentirebbe di ridurre le estensioni delle facciate che ora si osservano, pur senza comportare aumenti di superficie. Dall’assessore Giovanni Verga è venuto l’invito a osservare che non necessariamente l’impatto delle trasformazioni debba essere negativo. Se è vero che nel tessuto del centro storico si deve operare col bisturi, è anche vero che in ampie aree della città (specie in periferia) il recupero può essere elemento qualificante, tanto più se accompagnato da opere che interessino globalmente il fabbricato. Sintetizzando: le grandi questioni richiedono grandi soluzioni. Evitiamo piccoli sgambetti e piccoli palliativi. Vale la pena, allora, di approfondire un poco la conoscenza di questa legge, anche perché simili aspetti sono da tenere presenti al momento dell'acquisto di un immobile, visto che ne possono influenzare sia il valore di mercato che le possibilità di utilizzo. Da notare che il permesso di costruire è rilasciato dal comune in cui è localizzato l’immobile oggetto dell’intervento. Similmente la Denuncia di Attività edilizia è consegnata al comune, che è l’ istituzione preposta in materia. Per qualsiasi dubbio applicativo, in tutto il territorio nazionale, si può fare pertanto riferimento agli uffici comunali. Non vi è invece competenza del Comune in materia di diritto privato e di condominio (il recupero del sottotetto ha notevoli aspetti che ineriscono a tale sfera).
Since the second half of the 1990s, the subject of attic apartments has been regulated by a number of Italian regions (Lombardy in 1996, followed by Basilicata, Emilia-Romagna and Piedmont in 1998, Veneto in 1999, and others). The truth is that in Italy, attic apartments in the past have been considered not so much a house as such, but rather as a stopgap to be used by servants, or to be let at low prices to students, intellectuals or foreigners.
Another reason is that, as with all Mediterranean countries, buildings have not usually been constructed with steeply sloping roofs, meaning that underlying space tends to be somewhat compressed. The roof-to-building ratio is far greater in countries with abundant snowfall. Not surprisingly, in northern Europe some buildings are almost entirely made of a roof, while others have three or more floors beneath it. Recently, difficulty in finding new building terrain in cities has forced Italians to reconsider their attics. Regional norms have been established bearing in mind that the use of attics is on the increase. The aim is to regulate urban and hygienic aspects (the roof is the part of the building most exposed to weather), and to regulate do-it-yourself solutions that have often been made without proper authorisation. Unfortunately, however, legislation does not appear to take enough account of architectural matters. If one accepts that the attic is to be lived in, and that the building market is strongly oriented towards the creation of new homes, it seems clear that this trend will be of some relevance. As a result, architectural designs will need to be made to combine the status quo with new requirements. Of course one can not only count on a legislative solution to the problem (given that it has more to do with building than anything else). Nevertheless it is worth noting that the norms drawn up so far by the various Regions place emphasis on the need to preserve the existing nature of buildings, no doubt leaving little room for manoeuvre in creating new innovative models.

As an example, it is worth taking a look at Lombardy, not only because its law and subsequent constructions are emblematic of the new possibilities and problems posed, but also because the sheer quantity of its building patrimony, and its population, together with the time that has passed since the law took effect, make it a particularly relevant case. Regional Law no. 15/'96, promoting the conversion of attics, makes broad exceptions to other regional and local laws, with the explicit aim of reducing the use of land. Depending on the situation, it is possible to convert an attic in an area destined for industrial use, even though the Town Plan prohibits residence in industrial areas. It is also possible to make attic apartments even when the area in question is already saturated, meaning that all permitted building space has already been used up and built upon. From 1996 to today, there have been numerous criticisms made concerning the law with regards unclear formulations, the extent of liberalisation introduced, the lack of building checks by civil servants (caused also, legislation on attics aside, by a gradual reduction of cases in which building permission by the town council is explicitly required). In the first wording of the law, altering the height of the gutter, the top of the roof, and its slope was forbidden. By contrast, making dormer-windows (even if it meant increasing existing space), or openings to create terraces and skylights that could illuminate the rooms, was permitted. Given that most existing attics do not have the minimum required height, designers were initially obliged to obtain the minimum requirement in the only way possible, i.e. by making an often exaggerated number of dormer windows, thus drastically reducing the sloping surfaces of the roof. Strange-looking roofs made of dormer windows and skylights, or else with improbable terraced areas, began to appear. Later, the possibility of modifying the inclination of the roof was introduced, which led to roofs with slopes that were foreign to traditional building norms; they were insulated with modern systems and then covered with traditional tiles so that they would fit in with the surrounding landscape. The conversion of attics (and the dormer windows that provide light and air to previously closed areas) presents a problem of urban design. This subject was touched upon in Milan in a recent meeting promoted by the provincial Foundation of the Order of Architects, entitled 'Attics - A City with its Hair on End'. Those who participated were representatives of local institutions, well-known designers, and university professors. Emphasis was placed on the safeguarding of the existing patrimony, also with reference to procedures for landscape assessment in regional building projects, which was applied to the conversion of attics; this would act as a filter for projects of greater impact. It is perhaps a little premature to evaluate the full effects, but there is no doubt that the subject is of great interest, partly because of the number of conversions, and partly because of the position taken by some associations and citizens in defence of the status quo. In addition to declarations on respecting compositional regulations, innovative ideas also emerged. The law permits the conversion of attics and the market strongly demands this. The problem is therefore one of good design rather than an attempt to reject a large number of projects using broad motivations.
Architect G. Bianchi Janetti, director of the Sportello Unico dell'Edilizia of Milan, has pushed for a change in the law that would lead to greater attention to the design of the roof, such that newly made attics did not have a height exceeding 1.5 metres at the gutter, and such that the original inclination of the roof was maintained, even when this meant exceeding the current indoor height limit of 2.4 metres. This would lead to a reduction in the facade extensions that can currently be seen, while not leading to an increase in surfaces. Councillor Giovanni Verga stressed that the impact of conversions does not have to be a negative one. If it is true that work in the historical centre should be carried out with the utmost care, it is also true that in more extensive areas of the city (especially in the outskirts) these conversions can be a qualifying element, all the more so if accompanied by works of global interest to the building. In short, big questions need big answers. It is best to avoid palliative measures, so it is therefore worth getting to know this law in more depth, partly because such aspects are to be borne in mind when buying a building, given that they can influence both its market value and its potential. Note that permission to build is issued by the council in which the building in question is located. Likewise the declaration of building activity is also given to the council. Town councils all over Italy can be addressed for any doubts regarding the application of the law. The town council is not answerable for private or condominium rights.
Vivere sotto il tetto: il caso della legge regionale Lombardia n°15/96

Articolo 1
1. La Regione promuove con la presente legge il recupero a fini abitativi dei sottotetti con l'obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici.
2. Negli edifici destinati in tutto o in parte a residenza è consentito il recupero volumetrico a solo scopo residenziale del piano sottotetto esistente. Si riporta il testo dell'articolo n.1 della legge regionale n.18 del 23 Novembre 2001: Interpretazione autentica dell’art. 1, comma 2, della legge regionale 15 luglio 1996, n. 15. La parola "esistente", di cui all’art. 1, comma 2, della legge regionale 15 luglio 1996, n. 15 "Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti", è
da intendersi riferita al momento della presentazione della domanda di concessione edilizia ovvero della denuncia di inizio attività. Con tale precisazione il legislatore regionale ha inteso chiarire una questione assai discussa in sede di applicazione della legge: cosa si intende per sottotetto esistente? esistente da quando? E' sufficiente che lo spazio sottotetto da adibire ad abitazione sia esistente al momento della richiesta di permesso di costruire (o al momento della denuncia di inizio dell' attività edilizia finalizzata al recupero abitativo del sottotetto). Non è invece necessario che il sottotetto da recuperare sia esistente fin dal momento dell'entrata in vigore della legge regionale n.15/'96. Da notare che l'edificio preesistente deve essere già destinato a residenza, almeno per una sua parte pur non necessariamente prevalente.
3. Il recupero volumetrico di cui al comma 2 può essere consentito solo nel caso in cui gli edifici interessati siano serviti da tutte le urbanizzazioni primarie. Le urbanizzazioni primarie sono i servizi essenziali e necessari per
l' effettivo utilizzo degli edifici: collegamenti viabilistici, parcheggi e verde attrezzato, illuminazione stradale, elettricità, gas, acqua e fognatura, vani e cavedi per il passaggio delle reti di telecomunicazione. Non sempre i comuni hanno provveduto tutti questi servizi in misura adeguata per l'intero territorio ed inoltre la verifica di tale completezza non è imputabile (né dimostrabile) dal privato. Pertanto, in genere, basta che l'edificio sia dotato di regolare scarico dei reflui fognari, acqua, luce e gas.
4. Si definiscono come sottotetti i volumi sovrastanti l'ultimo piano degli edifici di cui al comma 2 dei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura. Quindi anche gli spazi sottotetto non ancora ultimati, purché sovrastanti l'ultimo piano agibile dell'edificio, possono essere adibiti a nuove abitazioni. Pertanto gli interventi di recupero abitativo, possono essere effettuati anche su edifici in costruzione con copertura ultimata.
Da notare che una intercapedine inaccessibile è pur sempre un volume sottotetto e come tale, se opportunamente modificata, può essere trasformata in superficie abitabile.
5. Il recupero abitativo dei sottotetti è consentito, previa concessione edilizia, attraverso interventi edilizi, purché vengano rispettate tutte le prescrizioni igienico-sanitarie riguardanti le condizioni di abitabilità previste dai
regolamenti vigenti, salvo quanto disposto al comma 6. Non è dunque prevista deroga per i requisiti igienici degli edifici, previsti di norma dai regolamenti Edilizi e di Igiene, appunto. Fa eccezione il requisito dell'altezza, che viene specificamente definito al comma successivo.
6. Il recupero abitativo dei sottotetti è consentito purché sia assicurata per ogni singola unità immobiliare l'altezza media ponderale di m.2,40, ulteriormente ridotta a m.2,10 per i comuni posti a quote superiori a m.1000 di altitudine sul livello del mare, calcolata dividendo il volume della parte di sottotetto la cui altezza superi m.1,50 per la superficie relativa. Schema di calcolo dell' altezza media ponderale. Si noti che la parte di sottotetto con altezza inferiore a 1,5m, risulta antigienica e non autorizzata. Pertanto, di norma, viene richiesto dal Comune di chiuderla mediante tamponamenti fissi: tuttavia essa può spesso essere utilmente sfruttata come ripostiglio, se dotata di accessi. In alternativa, può essere ridotta la porzione con altezza inferiore a 1,5m modificando l'altezza della linea di ronda e la pendenza della falda, come qui sotto schematizzato,ma in questo caso l'altezza media ponderale non potrà superare 2,4m. (si veda il successivo art.2).
7. Con motivata deliberazione del consiglio comunale, i Comuni possono, nel termine perentorio di 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge e limitatamente alle zone C e D di cui al d.m. 2 aprile 1968, disporre l'esclusione di parti del territorio dall'applicazione delle presenti norme. Prima di procedere alla trasformazione abitativa di un sottotetto ricadente in una zona C o D (sono le zone destinate ai nuovi insediamenti per le varie destinazioni d'uso, previste dall'art.2 del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444) occorre dunque verificare che nel proprio comune non siano state stabilite limitazioni al riguardo.

Articolo 2
1. Gli interventi edilizi finalizzati al recupero dei sottotetti possono comportare l'apertura di finestre, lucernari, abbaini e terrazzi per assicurare l'osservanza dei requisiti di aeroilluminazione, nonché ove lo strumento urbanistico
generale comunale vigente risulti approvato dopo l'entrata in vigore della legge regionale 15 aprile 1975, n. 51 "Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia per la tutela del patrimonio naturale e
paesistico", modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde, purché nei limiti di altezza massima degli edifici posti dallo strumento urbanistico ed unicamente al fine di assicurare i parametri,
di cui all'articolo 1, comma 6. In ogni caso in cui sono previste modifiche delle falde, occorre dunque assicurarsi che il P.R.G. sia posteriore alla data di entrata in vigore della L.R. n. 51/'75.

Articolo. 3
1. Gli interventi edilizi di cui agli articoli 1 e 2 non richiedono preliminare adozione ed approvazione di piano attuativo né inserimento della relativa volumetria nel programma pluriennale di attuazione.
2. Gli interventi di cui alla presente legge sono classificati come ristrutturazioni ai sensi dell'articolo 31, comma 1, lettera d) della legge 5 agosto 1978, n. 457 "Norme per l'edilizia residenziale". Per la definizione di ristrutturazione,
occorre oggi come oggi fare riferimento al Testo Unico dell'Edilizia - D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 e successive modifiche, art.3 dettera d).
3. Il recupero dei sottotetti è ammesso anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni di cui agli articoli 14, 17, 19 e 22 della legge regionale 15 aprile 1975, n. 51 "Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia per la tutela del patrimonio naturale e paesistico" e successive modificazioni ed integrazioni, nonché in deroga agli indici o parametri urbanistici ed edilizi previsti dagli strumenti urbanistici generali vigenti ed adottati. Come si vede, l'intervento è sempre ammissibile, anche in deroga alle norme di P.R.G. che definiscono le dotazioni necessarie di standard, le destinazioni e le volumetrie ammissibili. È possibile derogare pure dai parametri edilizi previsti dal P.R.G., come le distanze tra edifici. Tuttavia, non pare potersi derogare alle norme sulle distanze e sulle conformazioni edilizie riportate nei Regolamenti d'igiene o edilizi, ove esse assumono un prevalente carattere di
norme igieniche a tutela anche di soggetti terzi (i vicini, i dirimpettai e simili). Ciò, sempreché si tratti di norme applicabili agli interventi sull'esistente: le norme riferibili specificamente alle nuove edificazioni non sono applicabili, perché la legge in commento qualifica il recupero dei sottotetti come ristrutturazione di edifici già esistenti. Occorre inoltre considerare che la Legge Regionale sui sottotetti non comporta nessuna facoltà di deroga alle disposizioni di carattere privatistico come quelle del Codice Civile, con particolare riferimento alle norme sulle distanze da osservare nell'edificazione e alla materia del condominio degli edifici.
4. Le norme sull'abbattimento delle barriere architettoniche, di cui all'articolo 14 della legge regionale 20 febbraio 1989, n. 6, si applicano limitatamente ai requisiti di visitabilità ed adattabilità dell'alloggio. Negli interventi di
recupero dei sottotetti non è necessario garantire l'accessibilità (per esempio installando un nuovo ascensore ove questo non sia già esistente) mentre occorre garantire visitabilità e adattabilità. Oltre alla legge regionale citata, v'è la norma di riferimento nazionale: la legge n.13/1989. Esistono poi dettagliate norme tecniche e regolamenti in merito, ma per brevità si riporta qui in corsivo solo uno stralcio dell'articolo 14 della Legge Regionale n.6/1989:
2. Per visitabilità di un alloggio si intende la sua condizione di permettere a persone di ridotta capacità motoria, di accedere alla zona giorno ed ad un servizio igienico dell'alloggio stesso, garantendo le prestazioni minime indicate al n. 6.1.1. dell'allegato.
3. Per adattabilità di un alloggio si intende la sua condizione di poter essere modificato, a costi limitati, allo scopo di permettere ad un disabile circolante con carrozzina di viverci ed esercitarvi tutte le attività e funzioni della vita quotidiana; a tal fine l'esecuzione dei lavori di modifica non deve modificare né la struttura, nè la rete degli impianti comuni degli edifici, garantendo le prestazioni minime indicate al n. 6.1.2 dell'allegato. Il sottotetto, una volta recuperato, dovrà essere semplicemente visitabile. L'adattabilità dovrà invece solo essere descritta nel progetto, dimostrando che è possibile per esempio istallare un meccanismo servo-scala all'interno di una unità che si sviluppa su due piani, senza modificare strutture e impianti comuni dell'edificio.
5. Il progetto di recupero ai fini abitativi deve prevedere idonee opere di isolamento termico anche ai fini del contenimento dei consumi energetici dell'intero fabbricato. Le opere devono essere conformi alle prescrizioni tecniche in materia contenute nei regolamenti vigenti, nonché alle norme nazionali e regionali in materia di impianti tecnologici e di contenimento dei consumi energetici. Le legge nazionali di riferimento sono la n. 10/1991 e la
n.46/'90, riportate anche nel T.U. dell' Edilizia. Numerose sono poi le norme attuative e tecniche su impianti di riscaldamento, isolamenti e risparmio energetico. Occorrerà dunque sempre riferirsi ad un tecnico che possa progettare le soluzioni e scegliere i materiali più idonei al caso specifico, fra i molti oggi disponibili. Ricordiamo che il contenimento dei consumi è uno degli obiettivi principali del legislatore regionale, come chiarito fin dall'articolo 1 della legge sui sottotetti. In ogni caso dovrà sempre essere consegnata, in relazione all'intervento, tutta la documentazione necessaria (a seconda dei casi impegnative, progetto d'impianto, calcolo dispersioni e isolamenti, collaudi, certificati di realizzazione conforme alla regola dell'arte e dei materiali utilizzati).
6. Il rilascio della concessione edilizia, di cui all'articolo 1, comma 5, comporta la corresponsione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria nonché del contributo commisurato al costo di costruzione, ai sensi degli
articoli 5 e 6 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, "Norme in materia di edificabilità dei suoli", calcolati sulla volumetria resa abitativa secondo le tariffe approvate e vigenti in ciascun comune per le opere di nuova costruzione.
Il recupero abitativo dei sottotetti rientrava, al momento della concezione della legge, nel regime concessorio oneroso. Oggi i titoli abilitanti all'esecuzione dei lavori sono il permesso di costruire e la denuncia di attività onerosa (la cosiddetta superDIA). Per l'entità del contributo (oneri di urbanizzazione primaria e secondaria riferiti
al volume recuperato, più contributo commisurato al costo di costruzione) occorrerà fare riferimento agli importi e alle modalità di calcolo vigenti nel comune. Si nota infine che gli articoli 5 e 6 della legge n.10/1977, richiamati al comma 6
qui in commento, sono abrogati: la materia è regolata dall'articolo 16 del Testo Unico dell'Edilizia già sopra citato, al quale comunque si rimanda per ulteriori approfondimenti.



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